Il volontariato e la sfida dell’innovazione sociale

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Gerardo Gatto, presidente di CSVnet Piemonte e vice di Volontariato Torino ETS, ci parla di innovazione del territorio: una sfida che riguarda tutti

«Le città senza la convivenza umana non si sarebbero potute né edificare né popolare; di qui la costituzione delle leggi e dei costumi; di qui l’equa ripartizione dei doveri e una sicura norma di vita. Da tutto ciò ne conseguì la gentilezza degli animi e il rispetto reciproco. Onde avvenne che la vita fu più sicura e noi, col dare e col ricevere, cioè con lo scambiarci a vicenda i nostri averi e i nostri poteri, non sentimmo mancanza di nulla».

Anno 44 a.C., nel suo De officiis (Dei doveri) Cicerone tracciava il profilo della città come luogo in cui coltivare le virtù che definiscono una società propriamente civile: fiducia reciproca, sussidiarietà, fraternità, rispetto delle idee altrui, competizione di tipo cooperativo. La cifra della città-comunità non stava (e non sta) tanto nelle dimensioni, quanto nella capacità di realizzare coesione ed esprimere pensieri e competenze e, in ultima analisi, innovazione, andando oltre l’accezione più tradizionale del termine, che nasce dalla competizione di mercato e dalla ricerca di maggior profitto.

La necessità è quella di uscire dalla logica che alle pressioni sociali si dia risposta esclusivamente per mezzo del mercato o delle politiche pubbliche. L’esigenza, in una realtà che si fa sempre più complessa è quella di liberare energie, risorse e competenze del privato sociale, dell’imprenditoria di comunità, dei cittadini attivi, che insieme si organizzano per creare servizi, prodotti e progetti in grado di soddisfare vecchi e nuovi bisogni.

Che ruolo gioca – se lo gioca – il volontariato, organizzato o meno che sia, in questo contesto? Associazioni e cittadini attivi operano con l’intento di perseguire l’interesse generale, anche attraverso gli enti del terzo settore, per costruire il bene comune; sono storicamente antenne sui territori per far emergere i bisogni nascenti. Sono realtà che cercano risposte spesso creative, a volte visionarie, ma comunque concrete per elevare la propria comunità di riferimento non solo dal punto strettamente sociale, ma da quello più generale di sviluppo.

Se nel recente passato la competizione riguardava sostanzialmente, se non esclusivamente, singole imprese o gruppi, oggi non è più così. Quello che sta succedendo è che il destino delle imprese è legato a quello del loro territorio. Laddove i beni comuni sono curati e rivitalizzati si crea anche maggiore fiducia reciproca, sicurezza e inclusività. Ne consegue che spazi urbani, abitazioni, attività commerciali “valgono” di più dove si vive meglio. L’insieme di queste esternalità positive costituisce, inoltre, il seme di un nuovo tipo di sviluppo locale che crea quello che può definire un vantaggio competitivo localizzato.

Al contrario, se un luogo “fallisce”, falliscono anche le imprese che in quel territorio operano e viceversa: il successo di un luogo è legato a doppio filo a quello di tutte le organizzazioni che insistono su di esso, a prescindere dalla loro finalità. È una sfida che riguarda tutti: pubblica amministrazione, imprese, terzo settore e non di meno la cittadinanza.

Seguendo questo ragionamento, la collaborazione tra profit e non profit può rappresentare un’occasione per rafforzare e innovare la mission di entrambi gli attori. Nuove strategie collaborative possono essere esplicitate in alcuni punti chiave: progettazione comune, condivisione di valori e attenzione alla generazione di impatto sociale.

Tale collaborazione può svilupparsi lungo alcune direttive:

  • il volontariato di competenza: una concreta pratica di responsabilità sociale che consente alle lavoratrici e ai lavoratori del settore privato di svolgere attività di volontariato durante l’orario di lavoro, mettendo in gioco le abilità acquisite nel proprio percorso professionale, e che consente alle aziende di ingaggiare il proprio personale in attività concrete di solidarietà al fine di rafforzare lo spirito collaborativo, la creatività e il benessere aziendale;

  • non esaurire il welfare aziendale con l’erogazione di fringe benefit, ma attivare filiere di produzione di valore capaci di mettere a sistema servizi e prodotti locali, a partire da quelle del terzo settore, e innescare circoli virtuosi di sviluppo in una prospettiva sostenibile e inclusiva;

  • favorire processi di rafforzamento delle competenze informali attraverso attività di esperienze di volontariato. Percorsi rivolti alle nuove generazioni per far emergere e promuovere abilità richieste dal mercato del lavoro: flessibilità, interculturalità, lavoro per obiettivi e assunzione di responsabilità.

Volontariato Torino ETS

CSVnet Piemonte

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Autore: Gerardo Gatto

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