Un invito a specchiarci, alla ricerca dei reali “nemici” della nostra specie; siamo noi umani a dover cambiare lo sguardo, per aprire una inedita, corale e fertile stagione ecologica
Sono cresciuto in pace, una pace relativa, che percepivo perché estraneo o, meglio, non coinvolto direttamente nei conflitti comunque e sempre in atto nel mondo; impegnato in altre occupazioni, tra cui attraversare l’età fanciulla, diretto verso quella adulta. Ricordo i vent’anni, le spiagge, i profumi, gli amori… e le canzoni, tra cui giganteggiavano quelle di Battisti e Mogol. Scoprii con estremo rapimento Pensieri e parole, ragion per cui il titolo non ha faticato a comporsi da sé. “Davanti a me c’è un’altra vita”, dice il ritornello.
Oggi mi chiedo: quale? A volte ho paura, specialmente per i giovani; le nuove generazioni avrebbero meritato (e meriterebbero) decisamente di più, di meglio. Intendiamoci bene, non sto parlando di beni materiali, ma di quella sensazione di ben-essere derivante dalla ingenua, ma percepibile certezza di vivere in pace. Ho iniziato molti anni or sono a occuparmi di educazione e di ambiente, osservando i problemi, approfondendoli e cercando di dare il mio contributo.
Il 2015 è stato un anno importante, con la pubblicazione dell’Agenda 2030 e dell’enciclica Laudato si’; un atto istituzionale più tecnico (per così dire), sorgeva accanto a un altro di taglio spirituale, entrambi richiamanti doveri e prospettive positive nei confronti della casa comune (nome più bello e più vero non c’è). Oggi stiamo rinnegando tutto o quasi, buttando miliardi in armi e tentando di seppellire, di fatto, ogni orientamento verso la conversione ecologica. Come bambini in un cortile, leader mondiali giocano a fare i bulli evocando una finzione puerile… ma nel condominio costoro non vivono soli: altra gente ci abita.
Chi pensa che sia una buona idea investire – termine totalmente fuorviante – in armamenti non ha ben chiaro un concetto: sulla Terra non ci sono nemici, ma li costruiamo, per sporchi ragioni e fini. Alimentiamo una narrazione tanto pericolosa quanto falsa. Partiamo dall’etimo. Amico ha la stessa radice di amare. E nemico? Il contrario, cioè odiato, inviso. Come si fa, generalizzando, a odiare persone che nemmeno si conoscono, le cui usanze si ignorano, che vivono distanti migliaia di chilometri? Come si fa? Ecco: la follia è servita. Venendo ora al centro del ragionamento: gli unici nemici che abbiamo al mondo sono i nostri atteggiamenti e comportamenti nei confronti del pianeta, null’altro ci è autenticamente ostile. Se non ci credete, eccomi attingere al consueto libro di turno, per portare un po’ di dati utili così che gli occhi si aprano al vero. Il libro, edito da Il Saggiatore, si chiama Uccidere la natura ed ecco un estratto tratto dalle vicende ucraine.
Risulta che, a causa del conflitto, «160 riserve naturali, 16 zone umide e 2 biosfere siano a rischio di distruzione», «circa 600 specie di animali e 880 specie di piante sono a rischio di estinzione» e, per concludere questa prima lista, «fino al 40% dei terreni che in passato erano coltivabili non è più disponibile per la coltivazione». L’autrice del saggio, Stefania Divertito, fa uso di un termine icastico: ecocidio. La parola “viene dal greco oikos, ‘casa’ e caedere, ‘uccidere’. Togliere la vita alla nostra casa comune. – spiega – È il matrimonio di due culture, la greca e la latina: ha una radice potente, la casa, il luogo dove tutte e tutti noi ci sentiamo al sicuro”.
Le parole spesso coniugano culture diverse, celebrano matrimoni di senso, restituiscono, così come la musica, la forza della contaminazione (buona) allo sviluppo dell’umanità; uno sviluppo non quantitativo, bensì qualitativo. Se incontro un amico per strada, non gli chiedo “quanto”, ma “come” stai (a meno che non sia di fuori e inaspettatamente in zona per un certo periodo, s’intende…). Perché sono così ossessionato dalla qualità? Facile chiarirlo con un esempio. Nel libro si legge: “La contaminazione del suolo fa parte degli oltre 50 miliardi di dollari di danni ambientali, registrati solo nel 2022 e trilioni di litri di acqua tossica, fuoriuscita in seguito alla distruzione della diga Nova Kakhovka – ucraina ovviamente – hanno infettato come una malattia il terreno, il sottosuolo e le falde”. Invito chi legge a domandarsi il valore del dato. Certamente è necessario, ma cosa ci restituisce quel “oltre 50 miliardi di dollari”?
Ci sono beni che non si possono comprare, il cui valore non è quantificabile; l’amore è uno, la natura è un altro. Quando avremo tradotto la vita in soldi, quando avremo adulterato il linguaggio fino a quel punto, così da perturbare la ragione, non ci resterà più nulla dinanzi, né dentro. “La criminalità ambientale è la quarta attività illegale più grande al mondo, con una crescita che va dal 5 al 7%, da due a tre volte più rapida rispetto all’economia mondiale, ed è una delle principali fonti di reddito per la malavita organizzata insieme al traffico di droga, armi ed esseri umani”. Ciascuno tragga le proprie considerazioni.