Estetica madre dell’etica: camminare verso un futuro sostenibile. Educare i giovani a riscoprire la connessione con il mondo per invertire la rotta
«L’estetica è la madre dell’etica, e non il contrario. Se per caso la pensate diversamente, cercate di ricordare le circostanze in cui vi accade di innamorarvi». Questo brano è frutto della penna di Iosif Brodskij, celebre poeta, saggista, drammaturgo e critico d’arte nato in Unione Sovietica e poi naturalizzato statunitense, vissuto tra il 1940 e il 1996. Ho trovato questa incantevole citazione all’interno di un libro dedicato all’arte di camminare, variamente declinata; decido di avviarmi da qui per il mio primo intervento in questi spazi.
Tutti noi siamo in cammino, ma la bellezza dell’incedere spesso è accompagnata dal frettoloso, soffocante desiderio di giungere per forza a una meta, qualunque essa sia. Siamo in cammino di sicuro in quanto singoli, ma più profondamente lo siamo come specie, è bene ricordarlo; il destino, come la casa, è comune. Distanti da luminosi, inebrianti orizzonti di felicità e benessere, il nostro passo è nel concreto segnato dalla consapevolezza – beato e dannato chi ce l’ha – che corriamo un serio rischio di fare e farci male.
Molto male. A cosa alludo è facile intuirlo: agli scenari foschi che la quotidianità ci dipinge dinanzi. Il nostro approccio al mondo non funziona – non così, non più almeno. Il futuro dell’umanità dipende certamente dalle scoperte scientifiche che, ci auguriamo tutti, riusciranno a mitigare i danni ambientali e sociali; la tecnologia da sola, tuttavia, non ci basterà, di questo dobbiamo essere consapevoli. Se non ci convinciamo, potremmo trovarci ad attendere un treno che non passerà mai o, peggio, venire investiti nell’incauta, vana speranza che il convoglio freni all’ultimo secondo.
Ciò che serve, nell’attesa di miracolosi ritrovati, è prima di tutto ristabilire un contatto con l’ambiente circostante o, per meglio dire, con l’ambiente del quale siamo sostanza, di cui facciamo parte, come unica vita. Occorre una nuova alfabetizzazione ecologica – la capacità, cioè, di imparare a guardare il mondo con altri occhi, trattandolo come fine e smettendo di (mal)trattarlo come mero mezzo di consumo e produzione.
Non si tratta soltanto di ragionarci su, bensì di entrare in connessione intima. Chiaramente, non è un gioco facile in quanto adulti… siamo ormai rigidi per cambiare radicalmente; i bambini però – ottima notizia! – possono farcela agevolmente. Spunta così la parola educazione, vocabolo magico il quale, pur se fortemente stressato, resta l’unico viatico per il futuro. Educare è un termine potente: implica un processo estrattivo, distante da “insegnamento” o “istruzione”.
Come piccole opere d’arte, i nostri cuccioli umani già contengono il seme del bene, della consonanza con il tutto; bisogna condurli sulla via. Ispirare i giovani, far loro percepire che un mondo diverso e migliore è possibile, ecco la strada, il cammino della bellezza che conduce alla giustizia; l’estetica, come diceva l’alato aforisma in premessa, sboccia nell’etica.
Si faceva esplicito cenno anche all’innamoramento; un richiamo coerente e opportuno. C’è un testo che mi è particolarmente caro, del quale sono invaghito e da cui desidero ricavare alcune suggestioni di sostanza, le quali riporto senza modifica alcuna. «Da dove viene infatti l’idea di alto se non dal cielo? E l’idea di triangolo non viene forse dalla silhouette della montagna? E la musica da dove viene se non dal gemito animale e dal sospiro del vento?
E da dove viene la fiaba se non dalla penombra, dalla luce calda del braciere e del focolare, luce che generazioni di balie e di nonne seppero interpretare?». Quiete domande che, dopo un breve volo, ci riportano con i piedi per terra, nostra origine e sostanza. Ogni pensiero e ogni azione sono figli del nostro stare nel mondo, con il mondo, non dimentichiamolo; ciò, a partire dalle parole e dai concetti cui danno forma.
A chiudere, non resta che rivelare il titolo del libro dal quale ho estratto il corsivo di cui sopra, ovvero Alfabeti ecologici, di Laura Marchetti. Cercherò di accompagnare sempre le mie riflessioni personali con riferimenti bibliografici più o meno datati, convinto che opinioni e sentimenti siano importanti per ispirare, muovere meditazioni e via discorrendo, ma meglio se scortati da solidi passaggi d’autore, per così dire, a garanzia del fondamento degli stessi.